Dissolvenze: Elena (18 Agosto 1991 - 19 Gennaio 2013)
Dicono che sia possibile morire di paura.
Anche se tecnicamente non è la paura che ci uccide.
Ad ucciderci è uno strano meccanismo fisico chimico che coinvolge ghiandole, adrenalina, arterie e cuore.
Già, il cuore.
E’ lui a decidere se ucciderci oppure graziarci e lasciarci continuare a vivere.
E’ lui che ho deciso di ignorare per salvarmi la vita, ma più ignori qualcuno, più questo si ripresenta insistente, prepotente, urlante e violento.
Lo sento urlare quando vado al cinema da sola. In quel preciso momento in cui si spengono le luci in sala e si accende lo schermo. In quel momento in cui è necessario socchiudere gli occhi per abituarsi al cambio di luce. In quel preciso momento lo sento urlare.
Vado al cinema da sola perché non riesco ad andare a degli appuntamenti. Gli appuntamenti mi mettono disagio e non ho mai preteso di averne uno.
Quando cambiano le luci, ed inizia ad urlare con prepotenza, penso che dovrei essere al cinema con una persona che sappia ascoltare e parlare, qualcuno con cui non litigare per decidere il film da vedere. Non certo uno sconosciuto che sopporti l’ultimo film di Lars Von Trier solo per potersi infilare nelle mie mutande. Durante e dopo il film.
Dovrei essere con qualcuno che guardi con me i finali dei telefilm, che mi regali dei libri o che abbia voglia di osservare, e magari provare a capire, i miei disegni o le mie fotografie. Qualcuno da poter guardare quando ti svegli al mattino o qualcuno con cui rimanere a letto senza sentirsi in colpa per essere pigra.
Riapro gli occhi perché si sono abituati alla luce in sala, il cuore smette di urlare e mi accorgo che il massimo che sono riuscita ad ottenere fin’ora è stato qualche aneddoto esplicito da raccontare alle amiche, soprattutto a quelle che si scandalizzano. E una serie infinita di pompini nei posti più disparati, tra cui automobili, furgoni, centri sociali, cessi, scuole, campi, fabbriche abbandonate e altri posti che non ricordo perché alla fine si assomigliano tutti.
Se lo ignoro, avrò salva la vita. Può urlare finché vuole, ma finché lo ignoro la mia vita sarà salva.
Mi tappo le orecchie per non ascoltarlo ogni volta che qualche amica, qualche conoscente o qualche collega mi racconta la propria favolosa, infinita e perfetta storia d’amore. Loro hanno un uomo intelligente, di quelli che si interessano alle cose e soprattutto alle persone. Tutte loro non stanno con un coglione, che evidentemente la natura o il destino ha preferito mettere in un angolo ad aspettare me. Loro, anche voi, perché è inutile che sorridete, anche voi avete tutto questo e non ve lo meritate. Cos'ho io in meno di loro? Cos’ho io in meno di voi? Lo sentite anche voi urlare in questo momento?
Come funziona? Che ad un certo punto del concepimento, Dio, o chi per esso, ha dovuto scegliere se dare al feto che diventerà una persona un cervello oppure l'amore?
La cosa più romantica che un uomo ha fatto per me è stato chiedere il permesso prima di venirmi addosso.
Li vedo, attorno a me, quelli che lo ascoltano. E sono già morti. Loro non lo sanno, ma sono già morti. E’ solo una questione di tempo, ma il loro destino è già scritto. E’ stato scritto nel momento esatto in cui hanno iniziato ad ascoltarlo.
Il mio migliore amico una volta mi ha detto che è normale litigare perché vuol dire che si ha ancora voglia di spendere energie per l'altro. Quando non si ha più voglia di litigare, significa che si è perso tutto.
E’ quando litigavo con Mr. Big (sì, anche io guardo “Sex & The City”!) che lo sentivo urlare. Non Mr. Big, il cuore.
Mr. Big era un gran stronzo. Universalmente riconosciuto come stronzo. Uno di quei ragazzi per cui ogni buco è buono e per cui ogni buco va visitato una e una sola volta soltanto.
Eppure siamo stati assieme 6 mesi, se si può chiamare stare assieme il nostro. Ci vedevamo una o due volte la settimana e in quelle volte o si litigava o si scopava. Oppure si faceva entrambe le cose.
E più ci scopavo e più sentivo il cuore che urlava, e più ci litigavo e più sentivo nella testa la voce del mio amico ripetermi: “Hai ancora voglia di spendere energie per l'altro”.
In realtà sentivo solo il cuore urlare e non volevo ascoltarlo. Ne andava della mia vita. Non dovevo ascoltarlo.
Fu così che smisi di scoparci e di litigarci. Fino a non vederlo più.
Ora sta con una ragazzina che fa i provini per il “Grande Fratello”. O per diventare velina, non ricordo. E forse si meritano l’un l’altra.
Non lo ascolto nemmeno fra uno schiaffo e l’altro. Eppure è in quei momenti che urla con la voce più alta.
Ogni schiaffo che arriva allo stesso tempo lo zittisce e mi avvicina all’orgasmo.
Non bastano quelli a farmi venire. No. Però mi ci portano molto vicino, anche se lo sento bussare prepotente durante ogni infinito istante che precede lo schiaffo. Urla. Forte. E forte arriva lo schiaffo che per qualche altro infinito istante riesce a farlo stare zitto.
Credo mi sia sempre piaciuto farmi schiaffeggiare per questo motivo. Non per lo schiaffo in sé. Non per l’idea che qualcuno possa dominarmi. Cazzate. Chissenefotte di essere dominata.
E’ perché ogni singolo colpo è in grado di farlo stare in silenzio.
Ogni volta che si zittisce io ho salva la vita.
E non voglio ascoltarlo nemmeno questa volta.
Anche se lui non mi sta schiaffeggiando. Perché non mi colpisce? Lui sa che è una cosa che mi piace. Abbiamo tutti un feticcio, lui sa quale sia il mio. Perché non lo soddisfa? Perché non mi prende a sberle?
Perché adesso si è alzato dal letto ed ha iniziato a guardare i miei disegni appesi al muro?
Perché sta sfogliando quelli che ho dimenticato sulla scrivania?
Perché cazzo mi ha chiesto se mi va di andare al cinema domani a vedere l’ultimo lavoro di Lars Von Trier?
Dicono che sia possibile morire di paura.
Ed è vero.
© Berenice Mason, 2013
Non usare senza il permesso dell’autrice
Anche se tecnicamente non è la paura che ci uccide.
Ad ucciderci è uno strano meccanismo fisico chimico che coinvolge ghiandole, adrenalina, arterie e cuore.
Già, il cuore.
E’ lui a decidere se ucciderci oppure graziarci e lasciarci continuare a vivere.
E’ lui che ho deciso di ignorare per salvarmi la vita, ma più ignori qualcuno, più questo si ripresenta insistente, prepotente, urlante e violento.
Lo sento urlare quando vado al cinema da sola. In quel preciso momento in cui si spengono le luci in sala e si accende lo schermo. In quel momento in cui è necessario socchiudere gli occhi per abituarsi al cambio di luce. In quel preciso momento lo sento urlare.
Vado al cinema da sola perché non riesco ad andare a degli appuntamenti. Gli appuntamenti mi mettono disagio e non ho mai preteso di averne uno.
Quando cambiano le luci, ed inizia ad urlare con prepotenza, penso che dovrei essere al cinema con una persona che sappia ascoltare e parlare, qualcuno con cui non litigare per decidere il film da vedere. Non certo uno sconosciuto che sopporti l’ultimo film di Lars Von Trier solo per potersi infilare nelle mie mutande. Durante e dopo il film.
Dovrei essere con qualcuno che guardi con me i finali dei telefilm, che mi regali dei libri o che abbia voglia di osservare, e magari provare a capire, i miei disegni o le mie fotografie. Qualcuno da poter guardare quando ti svegli al mattino o qualcuno con cui rimanere a letto senza sentirsi in colpa per essere pigra.
Riapro gli occhi perché si sono abituati alla luce in sala, il cuore smette di urlare e mi accorgo che il massimo che sono riuscita ad ottenere fin’ora è stato qualche aneddoto esplicito da raccontare alle amiche, soprattutto a quelle che si scandalizzano. E una serie infinita di pompini nei posti più disparati, tra cui automobili, furgoni, centri sociali, cessi, scuole, campi, fabbriche abbandonate e altri posti che non ricordo perché alla fine si assomigliano tutti.
Se lo ignoro, avrò salva la vita. Può urlare finché vuole, ma finché lo ignoro la mia vita sarà salva.
Mi tappo le orecchie per non ascoltarlo ogni volta che qualche amica, qualche conoscente o qualche collega mi racconta la propria favolosa, infinita e perfetta storia d’amore. Loro hanno un uomo intelligente, di quelli che si interessano alle cose e soprattutto alle persone. Tutte loro non stanno con un coglione, che evidentemente la natura o il destino ha preferito mettere in un angolo ad aspettare me. Loro, anche voi, perché è inutile che sorridete, anche voi avete tutto questo e non ve lo meritate. Cos'ho io in meno di loro? Cos’ho io in meno di voi? Lo sentite anche voi urlare in questo momento?
Come funziona? Che ad un certo punto del concepimento, Dio, o chi per esso, ha dovuto scegliere se dare al feto che diventerà una persona un cervello oppure l'amore?
La cosa più romantica che un uomo ha fatto per me è stato chiedere il permesso prima di venirmi addosso.
Li vedo, attorno a me, quelli che lo ascoltano. E sono già morti. Loro non lo sanno, ma sono già morti. E’ solo una questione di tempo, ma il loro destino è già scritto. E’ stato scritto nel momento esatto in cui hanno iniziato ad ascoltarlo.
Il mio migliore amico una volta mi ha detto che è normale litigare perché vuol dire che si ha ancora voglia di spendere energie per l'altro. Quando non si ha più voglia di litigare, significa che si è perso tutto.
E’ quando litigavo con Mr. Big (sì, anche io guardo “Sex & The City”!) che lo sentivo urlare. Non Mr. Big, il cuore.
Mr. Big era un gran stronzo. Universalmente riconosciuto come stronzo. Uno di quei ragazzi per cui ogni buco è buono e per cui ogni buco va visitato una e una sola volta soltanto.
Eppure siamo stati assieme 6 mesi, se si può chiamare stare assieme il nostro. Ci vedevamo una o due volte la settimana e in quelle volte o si litigava o si scopava. Oppure si faceva entrambe le cose.
E più ci scopavo e più sentivo il cuore che urlava, e più ci litigavo e più sentivo nella testa la voce del mio amico ripetermi: “Hai ancora voglia di spendere energie per l'altro”.
In realtà sentivo solo il cuore urlare e non volevo ascoltarlo. Ne andava della mia vita. Non dovevo ascoltarlo.
Fu così che smisi di scoparci e di litigarci. Fino a non vederlo più.
Ora sta con una ragazzina che fa i provini per il “Grande Fratello”. O per diventare velina, non ricordo. E forse si meritano l’un l’altra.
Non lo ascolto nemmeno fra uno schiaffo e l’altro. Eppure è in quei momenti che urla con la voce più alta.
Ogni schiaffo che arriva allo stesso tempo lo zittisce e mi avvicina all’orgasmo.
Non bastano quelli a farmi venire. No. Però mi ci portano molto vicino, anche se lo sento bussare prepotente durante ogni infinito istante che precede lo schiaffo. Urla. Forte. E forte arriva lo schiaffo che per qualche altro infinito istante riesce a farlo stare zitto.
Credo mi sia sempre piaciuto farmi schiaffeggiare per questo motivo. Non per lo schiaffo in sé. Non per l’idea che qualcuno possa dominarmi. Cazzate. Chissenefotte di essere dominata.
E’ perché ogni singolo colpo è in grado di farlo stare in silenzio.
Ogni volta che si zittisce io ho salva la vita.
E non voglio ascoltarlo nemmeno questa volta.
Anche se lui non mi sta schiaffeggiando. Perché non mi colpisce? Lui sa che è una cosa che mi piace. Abbiamo tutti un feticcio, lui sa quale sia il mio. Perché non lo soddisfa? Perché non mi prende a sberle?
Perché adesso si è alzato dal letto ed ha iniziato a guardare i miei disegni appesi al muro?
Perché sta sfogliando quelli che ho dimenticato sulla scrivania?
Perché cazzo mi ha chiesto se mi va di andare al cinema domani a vedere l’ultimo lavoro di Lars Von Trier?
Dicono che sia possibile morire di paura.
Ed è vero.
© Berenice Mason, 2013
Non usare senza il permesso dell’autrice