Dissolvenze: Francesca (13 Febbraio 1987 - 24 Novembre 2012)
Oggi è il primo giorno. Finalmente il primo giorno.
Per voi è un giorno come gli altri. C’è il sole, è Novembre, non fa freddo, uscite di casa e andate a lavorare oppure a scuola.
Per me, invece, è il primo giorno.
In realtà ho avuto molti primi giorni nella mia vita e li ricordo tutti. O quasi.
Quelli importanti tutti.
Dal primo giorno di scuola al primo giorno in cui ho iniziato i 12 passi.
No. Non intendo quando ho iniziato a camminare. Anche se ricordo bene anche quel giorno.
Intendo quando feci finta di voler guarire. Guarire? Perché vi ostinate ad usare questa parola? Mica sono ammalata. Quando lo capirete che non sono ammalata? Le malattie capitano, non si scelgono.
Intendo quando iniziai quello strano programma a base di buoni propositi, belle parole e nostro signore iddio.
Li ricordo tutti e 12, quei passi. Non si possono dimenticare. Nemmeno quando sei talmente ubriaca da non capire se ti sei davvero pisciata addosso oppure stai sognando. E raramente sogni quando sei in quelle condizioni.
No. Non si possono dimenticare perché te li ripetono talmente tante volte che ti restano in testa lo stesso, anche se fai solo finta di ascoltare.
Ricordo tutto di quei passi. Devi ricordarlo, perché quando menti la cosa più difficile non è inventarsi le cose che vogliono sentirsi dire, ma ricordarsele nei giorni successivi.
Quando ti trovi, fra il quarto e il quinto passo, ad ubriacarti con lo sciroppo per la tosse diventa difficile ricordare tutto quello che hai inventato per far contenti quegli sfigati che fanno finta di ascoltarti. Perché lo so che fanno finta anche loro.
Fanno tutti finta. Come quell’idiota che mi sta passando davanti ora. Mi guarda. Scuote la testa. Pensate che mi stia biasimando? Compatendo? Che davvero gli importi qualcosa? In realtà non gliene frega niente. Fa finta. Come tutti. Fingono un atteggiamento, ma dentro hanno il nulla.
Ricordo il primo giorno in cui ho fatto finta con quel tizio del consultorio. Quello che faceva finta di ascoltarmi e di essere interessato a quello che gli raccontavo.
Non avevo niente da raccontargli. Nessuna triste storia. Nessuna delusione amorosa. Nessuna violenza. Nessuno zio che mi molestava. L’unica cosa che avevo era la voglia di smettere di fare finta. E il solo modo che ho di smettere di fare finta è quello di spegnermi. Ma lui queste cose non le vuole sentire. Nessuno le vuole sentire. A loro piacciono le storie tristi.
“Deve per forza essere successo qualcosa” mi dice. Deve? Va bene, mi invento che sia successo qualcosa. “Mio padre mi picchiava” “I miei genitori litigavano” “Il maestro mi toccava”. Lui è contento e può andare avanti a far finta che la sua cura funzioni.
La cura. Anche lui convinto che io sia malata. Volete pensare che sia ammalata? Va bene. Faccio finta di essere ammalata e il massimo della cura che siete capaci di trovare è mandarmi da quegli sfigati che fingono di parlare da una parte e gli altri sfigati che fingono di ascoltare dall’altra? Bravi.
Ma oggi, finalmente, è il primo giorno.
Ricordo l’altro primo giorno. Quello in cui mi sono svegliata in ospedale. Con quell’infermiera e il suo falso sorriso che mi chiedeva se l’ago mi facesse male. No che non mi fa male, idiota! E’ da 10 anni che mi infilo aghi ovunque. Secondo te questo coso può farmi male? Ma ho mentito anche a lei. Perché è quello che vogliono sentire. E’ quello che vogliono vedere.
Loro devono fingere di essere i buoni , ma per fingere di essere i buoni devono esistere i cattivi.
Ma oggi, finalmente, è il primo giorno.
Come quell’altro primo giorno. Quello in cui mi hanno detto, fingendo che sia importante, che i 12 passi erano finiti. Quello in cui ho finto di piangere per la contentezza. Quando mi dissero: “ora devi trasmettere questo messaggio agli altri” e, fingendo, promisi che quella fosse la mia missione.
O quell’altro primo giorno. Quello in cui finsi di annunciare che erano i miei primi 100 giorni da sobria. Quel giorno lo ricordo bene così come quel biondo che faceva finta di credermi. Doveva essere cieco per non accorgersi che mentivo, ma era più facile fingere. E abbracciandoci facemmo finta entrambi. Giorno dopo giorno.
Ma oggi, finalmente, è il primo giorno.
Oggi è il primo giorno che sono morta. E nessuno si è accorto che non fingo.
© Berenice Mason, 2012
Non usare senza il permesso dell’autrice
Per voi è un giorno come gli altri. C’è il sole, è Novembre, non fa freddo, uscite di casa e andate a lavorare oppure a scuola.
Per me, invece, è il primo giorno.
In realtà ho avuto molti primi giorni nella mia vita e li ricordo tutti. O quasi.
Quelli importanti tutti.
Dal primo giorno di scuola al primo giorno in cui ho iniziato i 12 passi.
No. Non intendo quando ho iniziato a camminare. Anche se ricordo bene anche quel giorno.
Intendo quando feci finta di voler guarire. Guarire? Perché vi ostinate ad usare questa parola? Mica sono ammalata. Quando lo capirete che non sono ammalata? Le malattie capitano, non si scelgono.
Intendo quando iniziai quello strano programma a base di buoni propositi, belle parole e nostro signore iddio.
Li ricordo tutti e 12, quei passi. Non si possono dimenticare. Nemmeno quando sei talmente ubriaca da non capire se ti sei davvero pisciata addosso oppure stai sognando. E raramente sogni quando sei in quelle condizioni.
No. Non si possono dimenticare perché te li ripetono talmente tante volte che ti restano in testa lo stesso, anche se fai solo finta di ascoltare.
Ricordo tutto di quei passi. Devi ricordarlo, perché quando menti la cosa più difficile non è inventarsi le cose che vogliono sentirsi dire, ma ricordarsele nei giorni successivi.
Quando ti trovi, fra il quarto e il quinto passo, ad ubriacarti con lo sciroppo per la tosse diventa difficile ricordare tutto quello che hai inventato per far contenti quegli sfigati che fanno finta di ascoltarti. Perché lo so che fanno finta anche loro.
Fanno tutti finta. Come quell’idiota che mi sta passando davanti ora. Mi guarda. Scuote la testa. Pensate che mi stia biasimando? Compatendo? Che davvero gli importi qualcosa? In realtà non gliene frega niente. Fa finta. Come tutti. Fingono un atteggiamento, ma dentro hanno il nulla.
Ricordo il primo giorno in cui ho fatto finta con quel tizio del consultorio. Quello che faceva finta di ascoltarmi e di essere interessato a quello che gli raccontavo.
Non avevo niente da raccontargli. Nessuna triste storia. Nessuna delusione amorosa. Nessuna violenza. Nessuno zio che mi molestava. L’unica cosa che avevo era la voglia di smettere di fare finta. E il solo modo che ho di smettere di fare finta è quello di spegnermi. Ma lui queste cose non le vuole sentire. Nessuno le vuole sentire. A loro piacciono le storie tristi.
“Deve per forza essere successo qualcosa” mi dice. Deve? Va bene, mi invento che sia successo qualcosa. “Mio padre mi picchiava” “I miei genitori litigavano” “Il maestro mi toccava”. Lui è contento e può andare avanti a far finta che la sua cura funzioni.
La cura. Anche lui convinto che io sia malata. Volete pensare che sia ammalata? Va bene. Faccio finta di essere ammalata e il massimo della cura che siete capaci di trovare è mandarmi da quegli sfigati che fingono di parlare da una parte e gli altri sfigati che fingono di ascoltare dall’altra? Bravi.
Ma oggi, finalmente, è il primo giorno.
Ricordo l’altro primo giorno. Quello in cui mi sono svegliata in ospedale. Con quell’infermiera e il suo falso sorriso che mi chiedeva se l’ago mi facesse male. No che non mi fa male, idiota! E’ da 10 anni che mi infilo aghi ovunque. Secondo te questo coso può farmi male? Ma ho mentito anche a lei. Perché è quello che vogliono sentire. E’ quello che vogliono vedere.
Loro devono fingere di essere i buoni , ma per fingere di essere i buoni devono esistere i cattivi.
Ma oggi, finalmente, è il primo giorno.
Come quell’altro primo giorno. Quello in cui mi hanno detto, fingendo che sia importante, che i 12 passi erano finiti. Quello in cui ho finto di piangere per la contentezza. Quando mi dissero: “ora devi trasmettere questo messaggio agli altri” e, fingendo, promisi che quella fosse la mia missione.
O quell’altro primo giorno. Quello in cui finsi di annunciare che erano i miei primi 100 giorni da sobria. Quel giorno lo ricordo bene così come quel biondo che faceva finta di credermi. Doveva essere cieco per non accorgersi che mentivo, ma era più facile fingere. E abbracciandoci facemmo finta entrambi. Giorno dopo giorno.
Ma oggi, finalmente, è il primo giorno.
Oggi è il primo giorno che sono morta. E nessuno si è accorto che non fingo.
© Berenice Mason, 2012
Non usare senza il permesso dell’autrice